Presentazione del libro “Pamparato a tavola”
L’ 11 Gennaio 2019 in collaborazione col Comizio Agrario, che ci ha ospitato, abbiamo presentato il bel libro “Pamparato a Tavola” dell’ amico Beppa Prato, ex cuoco dell’albero Alpi di quel paese.
Dopo i saluti del Presidente del Comizio Agrario Pier Franco Blengini e del direttore Attilio Ianniello, Guido Viale ha esordito con le seguenti parole:
«Beppe Prato l’ho conosciuto nel ’95, dopo la tragica alluvione, quando mi son inaspettatamente trovato ad esser assessore a Pamparato, un paese che mio padre citava spesso come paradigmatico del declino del Monregalese e precipitato allora a soli 480 abitanti dagli oltre 4000 del primo 900 quando era sede di mandamento con tanto di pretura e farmacia e adesso, ho appreso, addirittura a 296.
Ecco che allora pare più che opportuna quest’opera di memoria e anche, in certa misura, di tributo ai tempi andati!
In questo bel libro troverete la spontaneità e l’immediatezza del linguaggio parlato che a volte – e tanto più nella fattispecie, trattandosi di un cuoco – può esser un po’ maccheronico, con qua e là qualche anacoluto, ma è ben altra cosa dalla approssimazione dovuta a pensieri abborracciati, e infatti non tradisce la ponderatezza dei concetti ispiratori e la sedimentazione di lunghe e profonde esperienze e del conseguente sapere.
L’opera di Beppe è l’appassionata testimonianza in prima persona di un mondo purtroppo per alcuni aspetti, quali l’intima conoscenza e il rispetto della natura, passato.
Per esempio a pag. 91 del suo libro Beppe Prato scrive: “Gran parte della selvaggina che apparteneva alle nostre valli sparì dopo che gli abitanti delle borgate e case sparse, abbandonarono terre e casolari. La scarsità di viveri e la mancanza dell’uomo, costrinse volatili e roditori a trasferirsi in territori dove voci umane gli assicurassero l’esistenza. E di conseguenza dall’accidentale spopolamento della montagna, ne derivò anche la dislocazione della selvaggina, sia da piuma che da pelo. Le valli abbandonate lasciano un vuoto significativo che contrassegna la fine di un’epoca e, la selvaggina scomparsa, conferma la desolazione” (pag. 91).
Da ciò discende che anche le ricette che troverete vengono date in modo colloquiale, non da manuale e tantomeno “ex cathedra”, e partono sempre dalla profonda ed intima conoscenza delle materie prime utilizzate.
I ricordi, l’amore, lo studio e la sperimentazione dei singoli ingredienti locali sfociano in piatti che hanno il grande pregio della semplicità, come mi ha subito sottolineato un amico docente di lungo corso dell’alberghiero. Una semplicità che, rispettosa dell’indole di ogni ingrediente, ti permette di riconoscerlo e assaporarlo singolarmente pur ben amalgamato con gli altri; una dote che io forse preferirei definire naturalezza, nel senso che, amandola e conoscendola, a Beppe viene naturale rispettare la natura degli ingredienti senza smanie di snaturarli e/o prevaricarli e determina la semplicità sia dei manicaretti che del linguaggio.
Un errore diffuso è pensare che il semplice sia facile, il complesso difficile. Molto spesso è vero il contrario! Già duemila anni fa Ovidio diceva: “La semplicità, è cosa rarissima ai nostri tempi”.
E pemettetemi alcune altre citazioni: “La semplicità è la forma della vera grandezza”. “La semplicità è compagna della verità come la modestia lo è del sapere” (Francesco De Santis).
“Potrei vivere nel guscio di una noce, e sentirmi re dello spazio infinito”. (William Shakespeare).
“Qualsiasi sciocco può fare qualcosa di complesso; ci vuole un genio per fare qualcosa di semplice”. (Pete Seeger- folk singer U.S.A.).
“La perfezione si ottiene non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più niente da togliere”. (Antoine de Saint-Exupéry autore de “Il piccolo principe”).
“O sancta semplicitas” (Johannes Huss)
E in “Pamparato a tavola” non troverete nemmeno un lontano accenno all’uso dell’azoto liquido o altre diavolerie molecolari, termini come coulisse o mirepoix e neppure indicazioni per impiattamenti in porzioni singole studiate più per la scenografia che la degustazione ma dei bei, naturalmente appetitosi, piatti conviviali.
Per finire due brevi aneddoti di cui son stato testimone.
Il primo riguarda il già richiamato legame col mondo rurale e il patrimonio di conoscenze e competenze perdute o cambiate: nel terzo dei quadernetti dell’Accademia avevamo inserito la ricetta de “la fonduta che riesce sempre” datami da Beppe ma, passato un po’ di tempo, un mio collega un lunedì quasi mi rimbrotta che, avendo provato a realizzarla, la fonduta non gli era riuscita. Assurdo!: la ricetta mi arrivava da fonte più che attendibile!.
Indagando sull’operato dello sventurato è poi venuto fuori che era stato utilizzato latte scremato, una cosa impensabile e impossibile quando il solo latte era quello direttamente attinto dalla vacca, ben altra cosa da quello odierno ancorché impacchettato intero che, oltretutto, ancor oggi, a termini di legge, non necessita di aggettivi specificatori.
Il secondo episodio, anch’esso dei primissimi anni 2000, riguarda il corso di cucina dell’università della terza età di Savona. Contattato dall’organizzatore e dal docente, un vecchio, famoso e signorile chef a riposo, conosciuti tramite la confraternita, intenzionati a venire nel Monregalese per la gita di fine corso mi venne spontaneo proporre come mete il castello e la stagionatura di Val Casotto e come ristoro l’albergo Alpi. I due vennero in avanscoperta, si compiacquero delle destinazioni ed anche del pranzo di prova fatto senza preavviso alcuno con il menù di un giorno qualsiasi della settimana. L’unico rilievo da parte del docente fu che avrebbe gradito l’inserimento di un vino passito o un marsala per accompagnare il tiramisù di paste ‘d meria (granturco). Rilievo che fu prontamente accolto con la promessa che si sarebbe provveduto in merito. Il punto dolente fu però l’accordo sul prezzo da pattuire: quanto richiesto venne giudicato troppo modesto, tanto da necessitare di una lunga contrattazione alla fine della quale la famiglia Prato cedette aderendo a quanto proposto dai “foresti” ma… c’è un ma: alla fine del pasto ogni gitante venne omaggiato di un piccolo pacchetto di paste di meliga!
Queste ultime potevano essere ulteriormente valorizzate con la seguente ricetta “Variante del tiramisù” (pag. 137): “Sostituire i savoiardi con i biscotti di Pamparato limitandovi ad inzupparli di meno e, procedete come nel classico tiramisù. Se montate gli albumi e delicatamente li unite alla glassa, risparmierete uova e formaggio cremoso e, in più realizzerete un tiramisù da applausi”». Sono poi seguiti gli interventi di Giacomo Lissignoli ( ex sindaco di Mondovì) che ha tratteggiato la vita di Beppe e l’ambiente in cui è nato e cresciuto e, infine, di Mauro Servetti (amico di sempre) che ha lamentato lo spopolamento ed il declino del paese. Ma la vena di amarezza è subito stata sconfitta dal ricco rinfresco finale a base di alcune semplici ma saporitissime specialità preparate per l’occasione dall’autore.